Torino e la diffusione dell’Amicizia Cristiana

Prosperi: la giovinezza tra Lucca, Roma e il Piemonte

Parte IV

Torino e la diffusione dell’Amicizia Cristiana

Luigi Venturini pose in evidenza sia le iniziali idealità moderate di Gioacchino Prosperi che il successivo patriottismo, maturato nel corso del tempo:

«Nel discorso pronunciato in Lanzo nel 1831, nel solenne funerale di S.M. il re Carlo Felice non c’è proprio nulla che significhi in lui il liberale, sebbene proprio non vi sia il reazionario, ma nel complesso di tutto il suo pensare, almeno dai suoi scritti, un liberalismo di neo-guelfo traspare vivo per quanto prudentissimo mentre nel discorso pronunciato nella cattedrale di Lucca, per i volontari toscani morti sui campi di Lombardia nel 1848 i concetti di libertà e d’indipendenza patria sono molto chiari».

E dove, se non in Piemonte, il religioso lucchese poté assorbire tali idealità? Il Piemonte sin dai primi anni della Restaurazione fu la regione in cui si sviluppò in modo più marcato, lo si è visto, un movimento teso e determinato a limitare prima e cacciare poi gli austriaci dalla Penisola. Il complessivo retroterra culturale dei territori sabaudi con ogni probabilità esercitò su padre Prosperi un input decisivo nel maturare alcune convinzioni religiose e non solo; in quel periodo convulso, le situazioni complesse del panorama piemontese posero dunque le condizioni del suo percorso successivo.

In un primo momento sono però gli ambienti dell’Amicizia Cristiana quelli che il nostro frequenta.
Il 3 marzo 1817, quando ancora padre Gioacchino Prosperi risiedeva a Roma in Sant’Andrea al Quirinale, a Torino, nella casa del marchese Cesare Taparelli d’Azeglio, tornarono ad incontrarsi, dopo tre anni d’inattività, i soci dell’Amicizia Cristiana, il sodalizio segreto che, fondato verso il 1780 dall’ex padre gesuita Nikolaus Joseph Albert von Diessbach, aveva operato intensamente per oltre un trentennio nella diffusione della buona stampa.
La sua ricostituzione, dopo la parentesi rivoluzionaria, si ispirò agli insegnamenti del venerabile Pio Brunone Lanteri, sacerdote nato a Cuneo nel 1759 e deceduto a Pinerolo nel 1830. Questi si adoperò per ricostruire la società, che era andata dispersa, secondo un programma adatto all’età della Restaurazione. Venne abbandonato il precedente carattere segreto dell’organizzazione in quanto non facilitava la raccolta di sufficienti mezzi finanziari e creava disguidi organizzativi.

È a partire dal gennaio 1822 che Cesare d’Azeglio prese a pubblicare il periodico L’Amico d’Italia, di cui ci parla lo stesso Prosperi nelle sue lettere. In seguito il giornale venne considerato portavoce della società. Forza e prestigio all’associazione torinese furono date dai contributi finanziari e dalla protezione del re Carlo Felice. Egli, sin dall’aprile del 1822, aveva fra l’altro progettato di affidare alla Compagnia di Gesù tutto il settore educativo superiore, insediando un collegio della Compagnia in ogni capoluogo di provincia. Gli intenti di Carlo Felice non si realizzarono per mancanza di personale. Tuttavia il particolare favore dimostrato verso la Compagnia di Gesù dal re, che aveva scelto come suo confessore padre Grassi, rettore del Collegio gesuita del Carmine, suscitò nemici vecchi e nuovi contro l’Ordine religioso.

Padre Prosperi, in una lettera in cui accenna a L’ Amico d’Italia, non ci dice apertamente se egli è un collaboratore del giornale. Si rivolge di fatto all’amico Cesare, chiedendogli di diventarlo. Ma traspare in maniera eloquente il forte coinvolgimento emotivo del religioso ed una sua puntuale conoscenza degli argomenti ivi trattati.
Lo storico Guido Verucci fa riferimento ad alcuni articoli pubblicati da padre Prosperi proprio su L’Amico d’Italia. Il giornale fu improntato dal suo fondatore a cautela verso le posizioni meno intransigenti. Il d’Azeglio elogiò il sistema lamennaisiano, ma parlò anche di esagerazioni e conseguenze forzate di esso. Si ebbe una rivalutazione filosofica aristotelico-tomistica degli ambienti delle Amicizie Cattoliche, tesa a dimostrare come la dottrina del senso comune del lamennaisiano Rohrbacher si pronunziasse a favore della filosofia aristotelico-tomistica. Questa teoria fu caldeggiata da padre Gioacchino Prosperi nei suoi articoli apparsi su L’Amico d’Italia nel 1827 dal titolo Necessità di ristabilire la sana filosofia se si vuol che prenda piede la dottrina del senso comune.


hugues-lamennaisFélicité de Lamennais


La fine del 1817 aveva visto la pubblicazione del primo volume del famoso saggio di Lamennais Essai sur l’indifférence en matière de religion, vero e proprio manifesto dell’ultramontanesimo, dove Lamennais polemizzò contro l’indifferentismo, il deismo, il razionalismo, le “libertà” rivoluzionarie e che ebbe uno straordinario successo. Il punto fondamentale del pensiero di Lamennais, maggiormente precisato nel secondo volume pubblicato nel 1820, è che le certezze non possono essere ottenute mediante la ragione individuale, ma solo il senso comune (raison générale) della razza umana: l’individualismo, cioè, non può fare affidamento sull’evidenza personale, ma deve dipendere dalla comunità per poter giungere alla conoscenza della verità.

Come interpretare la collaborazione del Lamennais a L’Amico d’Italia e ad altre riviste simili? Penso che tale collaborazione fosse dovuta al perseguimento di obiettivi concreti. Certamente Lamennais voleva farsi conoscere da un più vasto pubblico, e ciò poteva realizzarsi collaborando alla rivista. Si trattò, ritengo, dello stesso genere di rapporto che venne ad instaurarsi tra gli esponenti delle Amicizie e religiosi come Antonio Rosmini ed il padre teatino Gioacchino Ventura. Del resto le Amicizie Cristiane torinesi accolsero solo il primo volume dell’ Essai sur l’indifférence en matière de religion mentre esclusero dal loro catalogo il secondo volume della medesima opera.

Nello stesso periodo in cui si diffusero le Amicizie aumentò l’ostilità verso l’Ordine gesuita da parte del clero piemontese, soprattutto quando il re decise di affidare ai padri gesuiti la direzione del Reale Collegio delle province, chiuso per qualche tempo in seguito al coinvolgimento degli studenti nei moti del 1821. Ne seguì un’accesa disputa tra l’abate Giovanni Maria Dettori, professore di teologia morale presso l’Università torinese, e il padre Luigi Massara, gesuita, docente presso il Collegio di S. Francesco da Paola. In maniera clamorosa fu decisa la destituzione del Dettori. Una forte campagna diffamatoria, per quanto mossa da informazioni artefatte, ebbe l’effetto di far scadere l’Amicizia nella considerazione dei cattolici conformisti e monarchici, prettamente regalisti.

Elena Pierotti

Fonti:
Luigi Venturini, Di Gioacchino Prosperi prete lucchese e del suo libro sulla Corsica, Milano, Ist. Edit. Scient. Tyrrehenia, 1926.
Gioacchino Prosperi, da L’Amico d’Italia, t. XI 1827, pp. 277 ss., t. XII, anno 1827.
Guido Verucci, I cattolici e il liberalismo dalle “Amicizie Cristiane” al modernismo, Padova Liviana, 1968,

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